Kamchatka

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Un libro con un incipit così non si può lasciare sugli scaffali, davvero! Apritelo, leggete il primo capitolo che dura giusto poche pagine, e poi vi sfido a non portarlo a casa per divorarlo.

La narrazione procede per brevi tappe, a volte con l’infantile linguaggio di un bambino molto sveglio, altre volte con la maturità di un narratore scafato, ma sempre con freschezza. La storia è un interessante spaccato storico, narrato da una prospettiva originale.

Il dolore aspetta in sottofondo che il tempo faccia il suo corso. Non potrà essere compreso che dall’adulto nel quale si trasformerà il bambino che vive in prima persona la storia…e fino ad allora il gioco del Risiko e le fantasie permeeranno la realtà, confondendola e interpretandola nell’unico modo possibile.

 

 

Libro di sogni

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Non sono solita acquistare antologie perché difficilmente la loro natura frammentaria soddisfa i miei canoni. In questo caso però, sia la firma autorevole che l’argomento intrigante di natura, mi hanno convinta a fare il grande passo.

Qualche elemento biblico, qualche storia che rievoca i sapori della tradizione orale, poesie e racconti di sognatori… Libera da logiche cronologiche o tematiche, fluida e variegata come i sogni stessi, la lettura scorre veloce fornendo continue ispirazioni.

Se in sogno un uomo attraversasse il Paradiso,

e gli dessero un fiore come prova d’esser stato lì,

e se al risveglio si trovasse quel fiore in mano…

allora?

S.T. Coleridge

 

La porta

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Un libro che sa esercitare un fascino fatale dal momento stesso in cui vieni a sapere della sua esistenza è sempre speciale, se poi ti viene regalato in un momento particolare della vita da un caro amico, non puoi che cominciare a divorarlo appena possibile.

In particolare questo, una volta aperto, evoca con straordinaria forza una creatura mitologica indimenticabile per forza, delicatezza e umanità. Una donna che si mostra poco per volta fino a diventare familiare proprio appena prima di andarsene, delineata con tratti spigolosi da una penna concisa e sensibile.

Meraviglia la schiettezza della scrittura e la mancanza di patos superfluo…ce ne fossero!

 

Mostrarsi

Improvvisamente

nella notte

è caduto il velo di Maya

e la luce,

accecante

ha trapassato la protezione dei miei palmi

filtrando fra le dita.

 

Ed ecco,

la forte voce dello scricciolo

mi chiama alla vita in due tempi.

Lascio scivolare le mani lungo i fianchi,

mi osservo

bagnata di luce

e lo vedo gonfiare le piume,

esile e minuscolo,

fra i rami nudi.

Sogno fuori dal coro

Una lunga linea orizzontale

e l’acqua ritaglia il suo spazio,

mille lunghe zampe si alternano

in un filare continuo di rosse canne.

 

Il vuoto di un respiro,

il volo..

e nel ritmico rumore prende vita il sogno,

leggero e potente.

 

Un balzo e si può essere padroni del cielo

possenti e orgogliosi conquistatori di vette,

ma io, anima di sogni

vorrei con voli radenti percorrere l’orizzonte.

Andiamo al fiume a riempire l’anfora

E’ finito il giorno e sulla terra
scendono le ombre della notte:
andiamo al fiume
a riempire l’anfora.
Il gorgoglio delle acque
rattrista i colori del tramonto.
Sulla strada
una voce mi chiama:
andiamo al fiume
a riempire l’anfora.

Ora nella strada deserta
nessuno va o viene:
sul fiume dell’amore soffia il vento,
s’alzano le onde.
Non so se più potrò tornare,
con chi oggi mi incontrerò.
Da una barca della sponda
arriva il suono d’un flauto sconosciuto:
andiamo al fiume
a riempire l’anfora

Rabindranath Tagore

 

La campana di vetro

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La lettura è stata veloce e sorprendentemente al contempo leggera e realistica. In poche pagine un’intera personalità emerge, poi rimpicciolisce si rannicchia, si espone mostrando la sua fragilità, si scompone, si snatura, si perde e poi lentamente svanisce lasciando non un’istantanea ma la traccia di una completa evoluzione.

Non dormivo da ventun notti. Pensavo che la cosa più bella al mondo fosse l’ombra, tutte le forme che si movevano a milioni e i vicoli ciechi d’ombra. C’era ombra nel cassetti dello scrittoio, ombra negli armadi e nelle valigie, ombra sotto le case, gli alberi, le pietre, e ancora ombra dietro gli occhi e i sorrisi della gente e ombra, chilometri e chilometri d’ombra nella zona della terra durante il periodo della notte.

La minuscola all’inizio significava forse che in realtà nulla comincia mai veramente, con una maiuscola, ma fluisce naturalmente da quanto precede.

il silenzio si ritirò, mettendo a nudo i ciottoli e le conchiglie e tutti i relitti ammaccati della mia vita.

Le pagine scorrono senza concedersi il superfluo e non preoccupandosi di forzare la coerenza: la verità contenuta nelle parole basta di per sé a colmare l’esigenza del lettore. Il passaggio fra una scena e la successiva segue i tempi della vita che non sono scanditi né equi distanziati e si limitano ad ondeggiare.

Fortemente consigliato per la capacità di arrivare con tutti i suoi temi, senza lasciare ferite.